Dimensione cosmica

Edizione del 29 giugno 2000

INTRODUZIONE

È difficile sottrarsi al fascino di un cielo notturno terso e stellato, quando lo sguardo può spaziare lungo gran parte della volta celeste e sperdersi fra le miriadi di punti luminosi che la costellano - è proprio il caso di usare questo termine.

L'effetto che fa mettersi di fronte lo spettacolo di una simile magnificenza è inevitabilmente quello di sentirsi di colpo microscopici e insignificanti. Quelli che sembrano a loro volta piccoli punti di luce, sono viceversa corpi celesti che nella più comune delle circostanze sono grandi tre o quattro volte il nostro Sole, e irradiano un'energia altrettanto più potente; i più grandi, addirittura, se venissero piazzati esattamente col loro centro ove si trova attualmente il centro solare, ingloberebbero nella loro fotosfera incandescente le orbite dei quattro pianeti minori.
Eppure, dalla nostra prospettiva, sono appena percettibili.

Vi è però un altro aspetto notevole; le enormi distanze interstellari conferiscono all'esplorazione cosmica una ulteriore valenza, parecchio intrigante.
Attenzione ai punti del ragionamento;

Ecco da dove scaturisce il grande interesse destato dall'osservazione astronomica. Come nel caso dell'analisi dei reperti storici antichi, è un modo per entrare in contatto diretto col nostro passato, con un passato prepotentemente "presente". Di seguito tale concetto verrà vieppiù approfondito.

PERCORRENDO IL CIELO NOTTURNO

Oggi, e lo dico con rammarico, è sempre più difficile trovare luoghi sufficientemente aperti da consentire una contemplazione soddisfacente. L'inquinamento, sia quello tradizionale di gas e particelle solide che quello luminoso, vela inesorabilmente la biosfera rendendo pallida e opaca la luce di astri plurimillenari, che più non riesce a colpire la superficie del pianeta (e il nostro animo di esploratori) con la dovuta intensità. Ma chi ha la fortuna di abitare in alta montagna, già meno chi deve contentarsi di un posto in aperta campagna, può ancora godere di una visuale di sicuro impatto: i pianeti e le stelle più prossime che bucano la tenebra con la loro prepotente radianza, la fascia della Via Lattea a spaccare letteralmente in due il buio senza fine dello sfondo cosmico, innumerevoli altre stelle più lontane a far da sfondo.

Orientarsi in un simile dedalo, apparentemente senza capo né coda, è in realtà più facile di quel che sembra. Grazie al cielo (altra espressione quantomai appropriata al presente contesto, quantunque si tratti di luogo comune), vi sono taluni punti fermi che permettono di orientarsi in un ideale percorso di osservazione astronomica.
Il panorama celeste è mutevole, coerentemente con il periodico spostamento del pianeta. Il cielo notturno cambia in modo percettibile da un mese all'altro - diretta conseguenza del moto di rivoluzione terrestre; la porzione di volta celeste visibile è sempre quella opposta al Sole, ma siccome la terra ruota in perpetuo attorno al sole stesso, la posizione degli astri più lontani rispetto alla nostra visuale non è mai la stessa della sera precedente alla stessa ora. Dopo ventiquattr'ore, la Terra si trova ad aver compiuto un tratto di orbita pari a poco meno di un grado (se fosse un'orbita circolare; infatti, un giro completo è pari a 360°, e percorrerlo in circa 365 giorni significa, per l'appunto, muoversi di 0,986 gradi pro die).

Tale spostamento fa sì che la maggior parte delle stelle sorgano e tramontino, per lo stesso identico principio che genera le albe e i tramonti solari. In nostro soccorso vengono le costellazioni circumpolari, le quali sono sempre visibili perché situate in prossimità del nord celeste e nel loro moto apparente attorno al polo rimangono troppo "alte" per sparire dietro l'orizzonte. Tra le costellazioni circumpolari, la più spettacolare è senz'altro l' Orsa Maggiore.(La mappa, così come tutte le altre mappe di cui riporto i collegamenti, è parte integrante del bell'archivio del Gruppo Astrofili Messier). Detta anche Grande Carro, costituisce un validissimo riferimento per orientarsi nel labirinto stellare, e rintracciare facilmente tutte le altre costellazioni visibili.

Qualche esempio: unendo con una linea immaginaria le sue prime due stelle, Dubhe e Merak, e prolungando detta linea fino ad una lunghezza pari a cinque volte la loro distanza, si trova l'apice della coda dell'Orsa Minore: la Stella Polare. Dalla parte opposta, allungando un po' di più la linea, si trova il Leone. Ripetendo il gioco con la prima stella della coda dell'Orsa Maggiore e con la polare, si rintraccia la grande W di Cassiopea. Adoperando invece la linea che passa per la seconda coppia di stelle del Carro, Phekda e Megres, si giunge al Grande Triangolo estivo formato da Vega, Deneb e Altair, stelle maggiori rispettivamente della Lira, del Cigno e dell'Aquila. A voi, adesso, fare un po' di pratica e scoprire altre connessioni, magari con l'aiuto di una mappa del cielo.

Un programma di osservazione

Propongo qui un semplice programmino di osservazione del cielo, suddiviso alquanto grossolanamente per stagioni. Una volta completato (è davvero molto semplice: caricando la fotografia della costellazione sul video, sarà un gioco trovarla nel cielo), suggerisco di approfondire la tematica col valido materiale raccolto in Astro-link, ove sono reperibili altre informazioni e notizie, anche relativamente alle costellazioni, ahimé, non mappate dal Gruppo Messier.

Il cielo estivo
la Lira
il Cigno
il Sagittario
Ercole
l'Ofiuco
il Boote
la Corona Boreale
lo Scorpione
Il cielo autunnale
l'Orsa Minore
Cassiopea
Perseo
Pegaso
Andromeda
la Balena
Il cielo invernale
Orione
il Toro
l'Auriga
i Gemelli
il Cane Maggiore
Il cielo primaverile
l'Orsa Maggiore
i Cani da Caccia
la Chioma di Berenice
la Vergine
il Leone
il Cancro

NOTIZIA: A quanto è dato sapere, il Sistema Solare appartiene al braccio galattico in cui si trova anche la costellazione di Orione. Ecco perché essa è così ricca di oggetti interessanti e, data la loro relativa vicinanza, osservabili con precisione. Il centro galattico è visto invece in direzione del Sagittario, a quattro gradi dalla sua terza stella; lì - ma anche tra il Cigno e l'Aquila - un buon telescopio permette già di scoprire molte delle meravigliose formazioni stellari della parte centrale della Via Lattea. Viceversa, per scrutare oltre i confini della nostra città stellare, e scoprire le altre galassie e gli oggetti celesti più remoti, bisogna puntare verso l'Orsa Maggiore, la Chioma di Berenice, ma soprattutto alla Vergine: sarà però difficile distinguere qualcosa, a meno di non disporre di mezzi ottici professionali, perché anche le galassie più luminose, la cui luce viaggia nel vuoto per milioni di anni prima di giungerci, appaiono come pallide macchioline lattiginose.

CENNI DI COSMOLOGIA

Dopo aver dato un'occhiata alla meraviglia che ci circonda, e di cui siamo parte, è tempo di compiere alcune riflessioni.

L'universo ha dimensioni talmente smisurate che non è possibile neppure darne un'idea, con le relativamente infime unità di misura in uso presso gli uomini.
La cosa ha costituito un ottimo pretesto per attaccare le concezioni teologiche, con l'argomentazione che la spropositata enormità cosmica non si concilia con la ridotta porzione di spazio occupata dal pianeta degli uomini, pertanto se l'Universo fosse stato effettivamente creato in esclusiva per l'uomo, per consentirgli di vivere e progredire, sarebbe bastato uno spazio più dimesso.
Il ragionamento, se così lo si può chiamare, è talmente mal costruito che non vale neppure la pena di confutarlo.

Come illustrato più avanti, è molto probabile (per non dire quasi certo) che nel cosmo prosperino altre civiltà intelligenti, una parte delle quali potrebbe essere molto più avanzata della nostra. È quindi da presumere che l'Universo non sia stato posto in essere soltanto per l'umanità, bensì anche per essa. Qualunque sia il fine dell'esistenza, che è discusso più propriamente nell'apposita pagina metodica, esso ricade su tutto ciò che vive ed agisce nello spazio cosmico. Quale sia la parte dell'uomo in questo immenso disegno, è da scoprire. E proprio dall'esplorazione spaziale, se effettuata con mentalità più aperta e non improntata al solo (ma doveroso) rigore della scienza canonica, potrebbero giungere inattese ma decisive rivelazioni.

Quello che la ricerca per ora consente di affermare è che di sicuro l'universo ha avuto un inizio, il celeberrimo Big Bang, del quale vi sono prove dirette d'ogni genere, comprese quelle fotografiche (vedere l'introduzione, punto secondo). Il fatto davvero singolare è l'equilibrio energetico di tutta la struttura.
L'universo, infatti, da un punto di vista energetico è... uno zero.
Questa apparente amenità si spiega ricorrendo al noto principio per il quale nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto evolve e si trasforma. L'Universo, è noto, si espande, perché determinate interazioni tra la materia che lo compone generano spinte esplosive: bene, se si considerano la materia e queste interazioni come forze "positive", e per contrasto si assume il campo gravitazionale come negativo (in quanto contrasta la spinta espansiva), presumendo che il cosmo sia dal punto di vista fisico un sistema chiuso, la somma algebrica materia + energia + gravitazione (negativa) non può che essere uguale a zero.

Ovviamente, il fatto che l'Universo sia un sistema chiuso è una posizione speculativa, facilmente attaccabile. Infatti vi sono zone al suo interno in cui detta "chiusura" non sembra così evidente: pensiamo ai buchi neri, che inghiottono materia ed energia luminosa di cui non si sa nulla di dove vada a finire, o ai quasar che emettono molta più energia di quella che farebbero se fossero normali stelle di quelle dimensioni.
Bisogna però aggiungere che l'equazione materia + interazione + gravità = 0 non implica che tali valori rimangano inalterati, o lo siano rimasti negli ultimi sedici miliardi di anni. Sfido chiunque a giustificare che nei suoi primi istanti di vita l'Universo, quand'era poco più grande di una mongolfiera, contenesse già tutta la materia che oggi forma i miliardi di galassie che possiamo vedere. Evidentemente, quasar e buchi neri sono zone in cui si verificano in qualche maniera determinate alterazioni nei valori globali delle forze in gioco.

Tuttavia, mentre schiere di valentissimi scienziati propongono modelli sempre più completi ed aggiornati della struttora cosmica, restano due punti sui quali la scienza pura faticherà a dare risposte definitive:

Tali questioni sfuggono al campo della scienza astronomica convenzionale. Chi fosse interessato a conoscere un punto di vista, può consultare la sezione del presente sito ove sono trattati i metodi di indagine, mentre per l'approccio classico vi sono almeno due ottime risorse in italiano: per approfondire la tematica cosmica seguendo un valido percorso informativo, consiglio di dare un'occhiata al materiale archiviato dopo la mostra relativa al Viaggio nel Cosmo. Per acquisire invece le ultime immagini dal telescopio orbitante ed altre informazioni, si può approfittare di un altro ottimo spazio dedicato alla Via Lattea.

L'ESPLORAZIONE SPAZIALE

In Rete vi sono pubblicazioni talmente curate e dettagliate sui programmi spaziali, da consigliarmi di ridurre il presente capitolo ad un puro elenco di rimandi alle fonti più significative. In tema di periodici di settore, un ottimo veicolo informativo sulle scoperte più recenti e sulle operazioni in corso è la versione italiana del notiziario di Sky & Telescope.

Relativamente all'importanza di disporre di un dettagliato e preciso programma esplorativo, rimando al capitolo di fondo della pagina, dove riporto le ragioni per le quali, probabilmente, i motivi per proseguire le ricerche astronomiche sul campo predominano su quelli che consiglierebbero di interromperle.

Per i dettagli sui programmi di ricerca dell'uomo in campo spaziale, è imprescindibile fare riferimento alla NASA, l'agenzia spaziale indiscutibilmente all'avanguardia mondiale in materia: la pagina principale ospita note e rimandi circa lo stato dell'arte in merito alle missioni in campo. Vi è però il suo valido contraltare nel vecchio continente, l'ESA, l'Agenzia Spaziale Europea, di minori dimensioni ma ugualmente agguerrita. Non sottovaluterei però l'apporto che verrà nei prossimi anni dall'ente spaziale di casa nostra l'ASI. L'organismo, grazie alla spinta delle collaborazioni internazionali, è in grande crescita. Chiaramente, prima di rivaleggiare alla pari con Houston ci vorrà tempo, ma facendo il passo secondo la gamba anche la piccola grande Italia potrebbe un giorno dire la sua in campo cosmico - auspicando che presto il sito, ora purtroppo in inglese, venga reso nella lingua nazionale.

Oltre le stelle, c'è altro lassù?

È tempo di porre la fatidica domanda: siamo soli o no nell'Universo?

La paura della solitudine biologica della razza umana, di non disporre di altre razze intelligenti con cui confrontarsi, potrebbe sembrare figlia della nostra epoca tecnologica, ma non è così. Numerosi autori classici (per intenderci, di cultura Greca e Romana) già fantasticavano nelle loro opere letterarie di curiosi abitanti dei pianeti limitrofi: i loro modelli, probabilmente ispirati a qualche fondamento più concreto, naturalmente venivano in linea retta dalle scoperte di quei formidabili astronomi che furono gli Egizi del periodo dinastico - e i loro antenati predinastici, ammesso che fossero a loro volta Egizi: vedere l'articolo che tratta degli studi archeologici per ulteriori ragguagli.

Considerando gli elementi seguenti:

Questo per quanto riguarda unicamente la concreta possibilità che esistano pianeti con caratteristiche adatte ad ospitare forme di vita. Quanto alla teorica possibilità che esse siano tanto progredite da poter stabilire un contatto comunicativo con la Terra, occorre aprire un'altra parentesi.

Anche se si susseguono ritrovamenti che spostano continuamente all'indietro la data della comparsa dei preominidi sul pianeta, possiamo comunque circoscrivere lo sviluppo della civiltà umana in un paio di milioni di anni, calcolando l'intervallo fra lo sviluppo dei mammiferi che diedero origine ai Primati e la generazione che mandò uomini fuori dalla biosfera terrestre e sonde fuori dal sistema solare.
Considerando che l'Universo esplose ben più di dieci miliardi di anni fa; anche ammettendo di far passare qualche miliardo di anni per consolidare la nuova struttura, e prendendo a misura gli ultimi dieci miliardi di anni, un percorso come quello compiuto dagli uomini si sarebbe potuto verificare almeno altre cinquemila volte (in presenza, è bene ribadirlo, delle opportune condizioni favorevoli alla vita). Va osservato comunque che quanto alla propria dimensione cosmica, l'umanità sta appena uscendo dalla preistoria: l'esplorazione spaziale, per mezzo sia di sonde artificiali teleguidate che di veicoli con equipaggi umani, è storia della seconda metà del secolo scorso. Rispetto a una civiltà che ci contattasse, quindi, saremmo probabilmente parecchio arretrati, almeno quanto lo erano i nativi dell'America meridionale di fronte alla maestosa spocchia di Cortés, delle sue navi e del suo seguito.

Potremmo quindi tranquillamente essere stati, o essere tuttora oggetto di visite da parte di comunità aliene senza neppure rendercene conto. Carl Sagan rappresentò questa condizione in un modo bellissimo, citando gli aborigeni che a tutt'oggi comunicano fra tribù distanti affidandosi al ritmato tam-tam dei loro tamburi, ignari del traffico di segnali radio che si snoda nel cielo sopra di loro, senza che ne sospettino neppure l'esistenza.

Riflessione: quanto, istintivamente, uno studente universitario, magari in contatto via Internet con prestigiosi atenei di tutto il pianeta, si sente superiore a quegli aborigeni? Quanto è progredita la civiltà umana nel Novecento?
Nonostante tutto, quanto poco l'uomo può dirsi padrone dell'ambiente in cui vive?
Di quanto ci potranno sopravanzare civiltà talmente evolute, talmente padroni di sé e delle loro conoscenze da superare le incredibili difficoltà di un viaggio interstellare, al solo scopo di venire ad esplorarci (assodato che, al momento, non siamo neppure vicini al punto di poterli esplorare alla stessa maniera)?

Fin quando perdurerà tale condizione, e la tecnologia non consentirà di pianificare future espansioni per la razza umana al di fuori del pianeta d'origine, non rimane che una via: origliare, ascoltare discretamente fin quando non avremo la ventura di imbatterci in un chiaro segno di intelligenza extraterrestre. È quanto sta facendo il SETI, col suo bellissimo programma di indagine che, seppur tra mille difficoltà, procede indefesso; fra le loro iniziative più lodevoli, il tentativo di coinvolgere la miriade di PC collegati in rete per l'elaborazione dei dati in possesso della sede centrale. In un periodo in cui a prenotare i radiotelescopi sono così in tanti, come oggi, i ricercatori che impiegano il loro tempo alla ricerca di remoti segnali alieni non sono certo ben visti: se l'idea di "elaborazione popolare di massa" del SETI dovesse mai avere successo, che smacco per l'ostruzionismo esasperato di certi scienziati ortodossi, scettici per preconcetto!

LE PROSPETTIVE - Ha senso concentrarsi su obiettivi così remoti?

La questione se valga o meno la pena di compiere sforzi, intelletuali ed economici, come quelli degli Enti di ricerca spaziale, a fronte della sfuggevolezza degli obiettivi e dei risultati che si ottengono, è antica quanto l'astronautica stessa.

L'obiezione è nota, è quella che da decenni pone in difficoltà la NASA e i corrispondenti organismi di altri Stati, allorché i governi mettono mano alle forbici e restringono inesorabilmente i fondi da destinare allo studio dell'Universo: perché investire in attività che (apparentemente) non danno frutti concreti, quando si potrebbero impiegare le stesse risorse per fronteggiare necessità più pratiche e più impellenti (disoccupazione, povertà, fame, e via elencando)?

La risposta è nella storia dell'umanità: chi si è accontentato di rimanere entro i suoi confini, non solo non è mai progredito, ma è sempre stato sopraffatto. Per approfondire i dettagli della tematica dell'Indagine, si veda il relativo articolo alla pagina dei metodi.
L'uomo è curioso per natura, ed ha un inveterato bisogno di studiare a fondo il suo habitat. Se oggi il patrimonio culturale è così immensamente vasto rispetto a mille anni fa, che su scala cosmica sono meno che nulla, è anche grazie al fatto che nell'ultimo millennio il mondo è stato percorso, esplorato, studiato in lungo e in largo.
Ecco due domande alle quali, per quanto mi sforzi, non riesco a dare risposta negativa:

Se, studiando le condizioni di altri pianeti, si scoprisse il modo di risolvere le gravi difficoltà ambientali della Terra, ne sarebbe valsa la pena?
Se le cognizioni acquisite studiando le problematiche potessero essere sfruttate nella vita quotidiana, per realizzare abitazioni, mezzi di trasporto e comunicazione più efficaci e meno dispendiosi, ne sarebbe valsa la pena?
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