Edizione del 28 agosto 2000 |
Ciò che probabilmente caratterizza più specificamente l'uomo rispetto a tutti gli altri esseri viventi è la tendenza ad analizzare in dettaglio l'ambiente in cui si trova.
Questo irrefrenabile impulso ad addentrarsi nel profondo, ad eviscerare ogni singolarità
captabile di tutto quanto stimola la curiosità individuale, è alla base dello straordinario
progresso evolutivo della nostra specie rispetto alle rimanenti.
Nel mondo animale e vegetale, l'istinto che anima e regola i comportamenti di ogni creatura è
essenzialmente quello di sopravvivenza. Ne deriva che la maggior parte degli atti che le
creature compiono in natura sono esclusivamente tesi alla propria conservazione: la giornata
trascorre precipuamente alla ricerca di cibo, di rifugi sicuri e accoglienti. Le «relazioni
sociali», se così vogliamo definirle, sono ridotte a quelle che meglio garantiscono
l'autoconservazione, e non riguardano che una parte degli esseri viventi - la vita in branco
per gli animali gregari; i rituali di accoppiamento, solo in determinati periodi dell'anno e
quasi esclusivamente per fini riproduttivi, ecc.
Per l'uomo è diverso. Già dalle primissime fasi del periodo tribale si sono tramandati fino ad
oggi reperti e tracce che denotano inconfondibili atteggiamenti di ricerca: dalla
fabbricazione di utensili, inizialmente semplici surrogati per sopperire alla mancanza di zanne
e zoccoli, fino all'ottenimento di attrezzi sempre più raffinati; dal perfezionamento delle
tecniche di caccia e raccolta, all'intuizione che addomesticare ed allevare presso di sé gli
animali, così come seminare e curare la crescita di vegetali eduli, permetteva di procurare le
stesse risorse con sforzi meno estremi; dal timore nei confronti dei fenomeni atmosferici, o del
fuoco, all'elaborazione di metodi per la modifica dell'ambiente a proprio vantaggio - la
padronanza del fuoco per illuminare il buio e fornire calore, lo scavo di canali per portare
acque irrigue là dove la natura non ne conduceva; dalla paura del dolore e della morte, alla
ricerca di risposte al grande quesito che sta alla base del mistero della vita.
Nel corso dei secoli, la Storia ha confermato più volte che assecondare l'impulso in questione contraddistingue un tipo di società viva e vitale, in espansione sia geografica che culturale; laddove, per contro, eccessi di lassismo e di inoperosità sono da sempre associati a periodi di declino, di regresso. Assiri, Egizi, Greci, Latini, Celti, Arabi, Germanici, Spagnoli, Francesi e Austro-ungarici conobbero l'apice del loro fulgore finché furono in grado di incrementare e sviluppare il loro patrimonio di conoscenze, finché mediante viaggi e spostamenti venivano a contatto con altre realtà con le quali favorivano scambi: tutte queste epopee si conclusero non appena, per varie motivazioni, le circostanze non consentirono più di proseguire nel processo cognitivo, espansivo ed esplorativo.
Ecco perché è importante un adeguato stimolo all'indagine.
Se non si è animati dalla curiosità di spingersi sempre più a fondo, fino a cogliere
l'essenza delle problematiche dell'ambiente in cui si vive, non può esservi possibilità di
crescere; o, quantomeno, tali possibilità si riducono drasticamente.
Un primo approccio per acquisire tale mentalità può essere quello dell'indagine attorno alla
propria individualità; vale a dire qualcosa di simile ad una analisi introspettiva, però
svincolata dal puro e semplice metodo psicologico classico. Occorre compiere una vera e propria
auto-indagine interiore, che permetta di avvicinarsi quanto più possibile a comprendersi.
È innegabile infatti che, se si anela ad attribuire un significato al Mondo e a quanto lo popola,
non si può prescindere dal chiarire una volta per tutte se stessi.
Fondamentalmente, il principio di una simile analisi è più semplice di quello che sembra. Si
tratta infatti di inquadrare l'essere umano nei sui piani di esistenza più affascinanti, quelli
che potenzialmente lo elevano su di un livello decisamente superiore - il piano mentale e il
piano spirituale. Dico potenzialmente, perché purtroppo vi è una nutrita rappresentanza
di individui che, viceversa, regolano i loro comportamenti unicamente in base alla sopraffazione
di quanto limita la loro libertà di campo, e costoro risultano invece decisamente spregevoli.
Ma prima di stilare graduatorie di merito occorre padroneggiare gli strumenti che permettono di
stilarle. Questi strumenti ruotano essenzialmente attorno alla conoscenza del fenomeno-uomo:
quindi, per acquisirli, è necessario completare l'indagine interiore. Che, come premesso, è
concettualmente semplice, ma assai ardua da mettere in pratica.
I due principali ambiti dell'indagine (che valgono sia per l'autoanalisi dell'uomo, sia come possibile punto di partenza per qualsiasi altro tipo di analisi) sono:
Uno studio del genere richiede, oltre a una certa predisposizione d'animo, la disponibilità di
assimilare molte nuove conoscenze e l'apertura mentale per non scartare a priori alcuna ipotesi
o teoria. Va da sé che l'uomo in quanto tale è infinitamente complesso, e che un'impresa di
questo genere, procedendo, potrebbe aprire più interrogativi di quanti ne risolva.
Gli interrogativi qui posti attanagliano i pensatori da molte migliaia di anni. Miriadi di
pagine sono state scritte, innumerevoli le teorie di tipo storico, sociologico, filosofico,
politico, religioso, antropologico che sono state formulate. Quale sia la migliore, e se ce ne
sia almeno una sufficientemente accurata da risultare accettabile, non è dato sapere. L'unica
cosa che possiamo qui proporre non sono risposte, ma un metodo per trovarle da sé ponendosi
le domande più pertinenti.
Quella fra pensiero scientifico e spirituale, volendo intendere con questo termine sia le teorie
filosofiche che le grandi religioni, è la dicotomia per antonomasia. Quindi, proporre un
approccio scientifico per intraprendere uno studio di tipo filosofico/religioso attorno
all'Uomo potrebbe suonare, all'orecchio di alcuni, come un vago nonsenso.
Eppure, proprio a causa della delicatezza del soggetto trattato, darsi un metodo può risultare
una risorsa di grande utilità, specialmente laddove i ragionamenti si basano su fondamenti
via via sempre più opinabili, fino talvolta a divenire autentiche speculazioni. Infatti, se si
ambisce ad indagare in merito all'intima essenza umana, occorre sfiorare argomenti di una tale
profondità e complessità, anche da un punto di vista logico, da rendere pressoché indispensabile
il ricorso a punti di riferimento ben precisi e definiti, che circoscrivano e diano una
connotazione propria al costrutto teorico. Per poter sviluppare i ragionamenti che seguiranno
in maniera strutturata, ancorché armoniosa nel suo assemblaggio, può essere utile puntualizzare
alcuni postulati di base quali capisaldi dell'intero sistema.
L'effetto che si propone d'ottenere la presente pagina è di compiere un primo passo verso
una ricerca sull'essenza intima dell'uomo, che conduca quanto più vicino possibile a dare un'analisi valida,
profonda e completa di cosa significhi «esistere come uomini». Obiettivo ambizioso, si obietterà: in
effetti, come già citato nella pagina introduttiva, qui non si intende fornire una Verità da imporre
cattedraticamente come unica via di perfezione. Piuttosto, si cercherà di presentare una schematica
visione elementare che dia ragione di che cosa è un essere umano, proponendo un'interpretazione
basata sull'osservazione di alcuni fatti, che possa fungere da base iniziale sulla quale ognuno possa
essere in grado di trarre le sue conclusioni. Questo per due motivi molto semplici: uno è che
la visione esistenziale è quanto di più soggettivo possa esserci nel campo della Conoscenza;
l'altro, strettamente connesso, è che proporsi come guida illuminante non rientra nelle finalità
che danno origine a questa pagina. Altri movimenti - religiosi, filosofici, sociologici, ecc. - sono
a miglior diritto deputati a costituire un simile riferimento.
Viceversa, fornendo una possibile chiave interpretativa, ciascuno potrà soppesare peculiarità
e differenze, affinità e difformità, ed effettuare autonomamente personali valutazioni nel
merito.
Se è vero quanto ribadito sopra, che cioé l'edificazione del costrutto teorico necessita di pilastri logico-concettuali a fondamento del tutto, è anche vero che questi vanno scelti con cura: devono essere precisi quanto basta per dare adito al minor numero di dubbi interpretativi possibile, e devono anche essere in numero ridotto, poiché orientare la ricerca in un verso piuttosto che in un altro limita gli sviluppi possibili della sequenza logica. Peraltro, l'uomo è talmente multiforme - soprattutto nella sua essenza - che limitare oltremodo l'ambito di ricerca potrebbe condurre a risultati parziali, quindi di portata inferiore.
Deve essere ben chiaro il seguente presupposto:
Il traguardo del cammino di ricerca proposto è l'Uomo.
L'Uomo, secondo una visione ormai comunemente accettata in buona parte del mondo scientifico, svolge il suo cammino vitale sui celebri tre piani esistenziali:
Mettere ordine in una tale mole di conoscenze è compito arduo, ma a livello personale vale senz'altro
la pena di tentare. Da quanto illustrato emerge comunque una enorme vastità di campi di studio,
ciascuno con obiettivi differenti, per i raggiungere i quali si parte da premesse ben distinte.
Una linea comune, che funga da sostrato sul quale innestare tutte le teorie suddette, appare di
difficilissima concezione. Tuttavia, chi scrive ha la presunzione di proporne una; il che
significa, in breve, che si tenterà di dimostrare come sia possibile individuare pochi concetti di
base ed avvalersene come strumenti, per mezzo dei quali discernere in qualunque altro costrutto
teorico quali sono i contenuti da ritenersi universalmente validi. Bisogna infatti riconoscere che ogni
elaborazione dell'umano intelletto contiene un certo numero di informazioni basilari, più o meno
condivisibili, frammiste ad altri elementi che potremmo definire "di contorno", i quali recano
inevitabilmente l'impronta del retaggio culturale proprio dell'epoca, dell'area geografica e della
cultura dominante presso il popolo in cui tale elaborazione fu messa a punto. Per chiarire il
senso di quest'ultimo asserto, obiettivamente tortuoso, si può ricorrere a numerosi esempi, per i
quali valga il seguente: ciascuna civiltà, nel raffigurarsi l'immagine di dèi e semidei, li ha da sempre
rappresentati in forme corporee affatto simili alle proprie (gli eroi del Walhalla erano quindi dotati
di ampie spalle e barbe teutoniche, laddove le creature celesti del pantheon induista hanno
da sempre i piedi come fiori di loto; la Divina Commedia tenta un ordinamento morale del mondo
secondo una visuale tipica del medioevo europeo, che risulta assai differente da quella riportata su
di uno scritto taoista cinese). Alla stessa stregua, qualsiasi elucubrazione umana riflette
l'estrazione culturale dell'ambiente in cui viene alla luce.
Occorre quindi dotarsi di un adeguato setaccio logico o crivello, per individuare con la massima
precisione il contenuto informativo portante di ciò che si analizza, e liberarlo da qualsivoglia
ulteriore aggiunta formale. La forma ha il solo scopo di rendere trasportabile il contenuto; se
la salvaguardia della forma viene reputata prioritaria rispetto a quella dei contenuti, c'è
veramente di che preoccuparsi. Tanto più quando si discute dell'Uomo.
Relativamente all'uomo può dirsi che l'aspetto formale è individuato dal piano fisico, mentre
l'aspetto significante è rappresentato dai piani mentale e spirituale. Ovviamente, nel caso
dell'uomo non si può liquidare l'aspetto formale come secondario, contrariamente a quanto può
accadere considerando un concetto: il succo di un discorso, una volta assimilato, sopravvive anche
spogliandolo dalle parole adoperate per renderlo, e può a sua volta venir reso mediante frasi differenti,
ma l'uomo non è più tale se perde la sua corporeità.
Ragionare sull'intimo della natura umana è però delicatissimo. Data la sfuggevolezza del soggetto,
vale a dire l'estrema inconsistenza di due entità come mente e spirito, vi è un alto rischio
di saltare direttamente, sia pure inavvertitamente, su posizioni speculative.
Oltre a ciò, vi è anche da dire che trattare di qualcosa di concreto e sensibile come il corpo permette di
compiere valutazioni oggettive, basate su prove ed esperienze pratiche, mentre altrettanto non può
farsi per quanto riguarda le altre due dimensioni, particolarmente per quella spirituale. D'altronde,
far partire l'intero ragionamento da percorsi logici per dimostrare anche solo l'esistenza dello
spirito amplierebbe esageratamente la trattazione, che già è alquanto corposa.
Anche per questo, ai fondamenti teorici sopra esposti occorre aggiungere altri due postulati
per mezzo dei quali incanalare la ricerca senza doversi sperdere in ulteriori gravose speculazioni:
La parola "spirito" viene scelta per la sua affinità col concetto di "spiritualità", quale attività che
privilegia le esigenze particolari di quel principio vitale intelligente che rende l'uomo
diverso dagli altri mammiferi, dai vegetali e dalle rocce. Per non dare l'impressione di
privilegiare alcun movimento religioso o filosofico sarebbe stato preferibile l'uso dell'intera
dizione "principio vitale intelligente", la quale però è poco pratica, e forse anche più
fuorviante della stessa parola "spirito".
NOTA: i due postulati in questione sottolineano che il metodo di ricerca qui proposto è
inteso a considerare l'umanità nei suoi tre piani esistenziali. Altri metodi interpretativi sono meno
interessanti, sotto quest'aspetto, perché eliminano a priori l'idea di una dimensione esistenziale
che accompagna l'uomo fin dagli albori della sua comparsa al mondo. Che i cavernicoli, nonostante
la difficoltà di condurre la loro vita in un ambiente selvaggio e relativamente inospitale, dessero
già grande importanza a convinzioni d'un certo tipo, come documentano innumerevoli reperti
archeologici, è un segnale da non sottovalutare.
Si potrebbe concludere la trattazione degli elementi fondamentali ribadendo una delle cause
che hanno condotto alla formulazione del presente metodo: quantunque le affinità possano sembrare
poco evidenti, le discipline relative ai tre piani esistenziali sono intimamente connesse, e
(speculando) si potrebbe concludere che il loro studio può dare frutti concreti soltanto procedendo
in stretta e reciproca correlazione. Se tale visuale prendesse piede in ambito accademico,
probabilmente assisteremmo ad una autentica esplosione di successi nella comprensione di quella
che Piero Angela definisce «la macchina meravigliosa».
Basta non scordare che la «macchina», oltre al "motore" ed agli organi, ha un "sistema operativo".
Analizzare l'uomo ponendo in secondo piano le problematiche della mente e dello spirito, è come analizzare
un calcolatore da tavolo solo in quanto elettrodomestico. Una volta capito come funziona la circuiteria,
quanta corrente consuma, quanto calore dissipa e quante radiazioni emette si può forse dire di
averlo compreso a fondo? La peculiarità del calcolatore è quella di elaborare dati ed eseguire programmi.
Tuttavia nessuno strumento elettronico di misura potrà mai analizzare un sistema operativo.
L'opera di Angela è superlativa nel suo genere, ma trascura il sistema operativo che muove la macchina
meravigliosa. È tempo di affiancare, ai validissimi sistemisti, riparatori ed assemblatori di cui oggi
l'umanità può disporre, anche dei validi programmatori che sappiano interpretare il
"codice macchina" dell'Uomo.
L'indagine interiore, della quale si è detto nella seconda parte dell'introduzione, ha dunque dato i primi frutti. La sua applicazione ha permesso di collocare i primi tasselli del mosaico: ora c'è un buon punto di partenza, seppure non siano stati definiti che gli elementi iniziali.
Ciò di cui si tenterà di dar ragione nel seguito è che tali premesse consentono di interpretare qualsiasi branca dell'umano sapere, e di strutturare l'intero patrimonio gnoseologico ordinandolo secondo criteri ben precisi. Criteri che, nell'ottica qui proposta, gravitano attorno ad un centro ideale che è ( repetita juvant) l'uomo - in ciò che di più profondo e significativo vi è nel suo stesso essere.
Nella fattispecie, l'interpretazione proposta considera la conoscenza in quanto risultato di un'attività
compiuta dallo spirito; infatti, "conoscere" significa prenderne possesso per mezzo delle proprie
facoltà intellettive, ovvero tradurre il tutto in pensieri da assimilare. Ma il
pensiero è un attributo tipico dello spirito: è quindi per mezzo di esso che si stabilisce un contatto
fra il piano mentale ed il piano spirituale, essendo che le maggiori dottrine filosofiche descrivono il
pensiero tanto come espressione dell'attività intellettiva (quindi connessa alla dimensione mentale)
quanto come prerogativa della sfera spirituale individuale.
Se si accetta tale correlazione, dunque, il patrimonio culturale dell'umanità intera sarebbe
parametrizzabile secondo gli stessi parametri della spiritualità. Quindi è lecito valutare
l'intero scibile, considerandone ciascuna branca in base ai criteri morali applicabili alla
spiritualità: come dire che studi filosofici, dottrine religiose, argomentazioni scientifiche, leggi e
diritti, possono essere ugualmente confrontati e soppesati, ponendo sull'altro piatto della bilancia
valori accettati universalmente, che sono quelli morali.
Riassumendo:
Credo si possa affermare che i tratti delineati ai punti precedenti non descrivono solamente un possibile
metodo di ricerca, ma nemmeno si riferiscono puramente al fondamento filosofico di una corrente di
pensiero. In realtà, lo scopo per il quale è stata progettata la chiave di lettura con cui sono state effettuate
le indagini qui riportate è di rispondere ad una profonda esigenza di unificazione in campo
culturale. La tendenza che la scienza mostrava di seguire alla fine del secolo scorso è quella della
Grande Unificazione, vale a dire la messa a punto di un unico modello valevole per tutti i tipi di interazione
sia a livello subatomico che macroscopico - e già si guarda alla formulazione di una «teoria del tutto» che,
comprendendo anche la gravitazione, sia potenzialmente in grado di funzionare come schema interpretativo
a livello universale, per descrivere in dettaglio ogni circostanza di ogni istante di vita dell'intero Cosmo.
Purtroppo, per quanto riguarda invece lo studio dell'Uomo, la fase in corso è caratterizzata da un profondo
caos. Una pletora di dottrine, sistemi e teorie eterogenee, spesso e volentieri in contrasto le une con
le altre, finiscono alla lunga per gettare nello sconforto chi è roso dai dubbi o attraversa un momento
di ricerca interiore.
Diretta conseguenza di un simile marasma è l'abbandono dei riferimenti tradizionali, in favore di altri
che sembrano più soddisfacenti, pur non facendo parte del proprio retaggio culturale: ecco allora che una
grande massa abbandona i culti ufficiali per rifugiarsi in seno ad altri (pensare a quanti ex cattolici in Italia
si sono convertiti al buddhismo), o aderisce a sette paraevangeliche, o peggio smette del tutto di
coltivare la propria dimensione spirituale.
In quest'ottica, proporre una nuova via non farebbe che remare nella stessa direzione del caos, andando
ad accrescere il novero delle varie scelte alternative e quindi, paradossalmente, rischiando seriamente di
ottenere l'effetto opposto di quel che si propone in origine - aumentare la confusione invece di tentare di
fare chiarezza.
Proporre invece una nuova chiave di lettura non si toglie valore a quanto sviluppato faticosamente
negli ultimi diecimila anni di storia della civiltà, e si offre una possibile via per districarsi nel labirinto
dei percorsi spirituali già tracciati. Non solo; si favorisce il ritorno alle tradizionali guide spirituali, se
necessario, invece di proclamare l'anarchia rivendicando indiscriminatamente per ognuno la facoltà di
effettuare l'esegesi secondo il proprio estro, e autoproclamarsi ministro del proprio culto individuale.
Il principale ambito di interesse per una teoria universale sull'uomo è senza dubbio costituito dalle
religioni.
Il problema di dare una risposta alle tre domande fondamentali (le famose «chi siamo, da dove veniamo,
dove andiamo») è antico quanto la comparsa dei Primati sulla superficie del mondo. Non appena gli
antenati dell'Homo Sapiens ebbero autocoscienza sufficiente, presero a formularle. E a tentare di
darvi risposte soddisfacenti.
Nei millenni, si sono quindi susseguite innumerevoli dottrine incentrate su tale tema, straordinariamente
varie quanto alle situazioni descritte, ai messaggi trasmessi, alla raffigurazione delle modalità con cui il
mondo trascendente interagisce con quello immanente.
Ovviamente, data la fonte da cui esse provengono, vengono inevitabilmente descritte dal relativo profeta
come direttamente ispirate dalla Divinità, quindi imposte come unica e miglior via da percorrere se si
ambisce alla salvezza del proprio principio vitale intelligente (o anima, spirito, karma...)
La cosa crea un problema di natura logica. Come possono essere tutte uniche nella loro validità? I
detrattori della spiritualità additano spessissimo tale apparente contraddizione. Per chi gradisse approfondire
il tema, confrontanto i principali culti mondiali, è disponibile un validissimo
archivio documentale sulle religioni, corredato da spunti e riflessioni circa i problemi del rapporto tra fede, scienza e civiltà. Esso costituisce
un buon esercizio per chi tentasse di applicare il "crivello della moralità" sopra descritto, al fine di formulare
la "teoria universale della religione"; l'unica pecca è che, in esso, lo Spiritismo viene apertamente bocciato
senza che si dia luogo ad una indagine seria e profonda sui suoi contenuti e sulle modalità di attuazione
delle esperienze psichiche, quando invece andrebbe analizzato più in dettaglio prima di prendere posizioni
così nette.
Senza dover riportare qui discussioni di dottrina catechistica, si può verificare un primo esempio
dell'applicazione del metodo di indagine al problema delle Rivelazioni, o ispirazioni divine, per quanto
concerne le religioni:
Nelle corso delle varie epoche storiche, attraverso le regioni del mondo intero, si conta approssimativamente
qualche migliaio di culti, più o meno praticati e diffusi: le differenze fra le prescrizioni di ciascuno possono
essere anche piuttosto marcate - basti pensare alle cerimonie sacrificali, che alcuni testi sacri bandiscono
espressamente mentre altre culture praticano con buona coscienza.
Con queste premesse, la conclusione proposta è: siccome Dio è unico (se non lo fosse sarebbe perfetto) ma nel contempo i suoi fedeli sono molti, chi riceve il messaggio divino in forma di vibrazioni spirituali lo ritrasmette a sua volta nella misura in cui lo comprende, in base all'argomentazione per cui qualsiasi elucubrazione umana riflette l'estrazione culturale dell'ambiente in cui viene alla luce. Ciò rende ragione di come possano sussistere dottrine che santificano la guerra, assieme ad altre per le quali ogni attività umana è spiritualmente degradante: esse dicono questo perché gli uomini che le hanno raccolte non avrebbero potuto concepirle in altra maniera, stante la loro cultura. |
Chi a questo punto fosse interessato a documentarsi in maniera più approfondita, può ricorrere all'enciclopedia delle dottrine filosofiche e religiose reperibile sull'elegante sito «Anima Riflessa»; altro materiale sulla teoria dell'indagine, qui illustrata, sarà eventualmente pubblicato in seguito.
In conclusione, è buona cosa offrire una piccola raccolta di problemi e curiosità allo scopo di stimolare riflessioni ed eventualmente incoraggiare i primi "indagatori", ammesso che ce ne siano, a compiere le prime verifiche, ed eventualmente a lasciar traccia di dubbi e/o osservazioni nel registro. Ad ogni richiesta di chiarimenti sarà data risposta non appena possibile.
Vi sono alcune singolari coincidenze che saltano all'occhio, durante lo studio comparato dei testi sacri
delle più importanti religioni. Su alcuni punti sembra esservi una convergenza assoluta, quasi da far
credere che documenti antichissimi, prodotti da culture molto lontane fra loro sia geograficamente che
temporalmente, trattino il medesimo argomento, sia pure secondo la propria ottica. Se è prematuro
affermare che effettivamente sia così, varrebbe comunque la pena di analizzare tale possibilità:
se fosse comprovato che effettivamente la stessa citazione compare in testi differenti, potrebbe essere
un passo decisivo per affermare la comune origine della fonte originatrice - l'Unico Dio.
In dettaglio, sono riportati due di tali spunti:
La Santa Sindone è un caso eclatante di indagini, a tutti i livelli, i cui esiti permangono controversi nel tempo. Mentre si è stabilito con certezza che l'impronta è dovuta a macchie di sangue umano maschile, non si è ancora riusciti a spiegare quale procedimento possa averla prodotta (pare che esperimenti condotti avvolgendo cadaveri "normali" con lenzuoli simili abbiano prodotto esiti assai meno affascinanti, a causa dei gas prodotti per decomposizione). Ogni esame per la datazione, poi, dà esiti differenti, tanto che negli ambienti della Curia è stata definita "un oggetto impossibile". Vale senz'altro la pena di documentarsi, e provare a ragionare sui copiosi misteri tuttora irrisolti che gravitano attorno al Sacro Lino.
La spiritualità celtica presenta numerosi
punti di contatto sia con il cristianesimo che con i maggiori culti orientali. Di questo misterioso popolo si
sa poco relativamente alle origini e alla provenienza delle tradizioni culturali. Vi è comunque un bel sito ove si
raccoglie parecchia documentazione in merito. Dal
momento che influenze della presenza celtica sono state riconosciute in gran parte della penisola italiana,
oltreché nel resto d'Europa (dove peraltro tale popolo spadroneggiò per un buon millennio), sarebbe opportuno
cercare di rispondere a qualche interrogativo sull'universo gaelico: il Vecchio Continente deve molto a quelle
tribù.
Indagine - numerosi indizi lasciano presagire che la storia degli
insediamenti celtici nella penisola sia tuttora da portare alla luce; contrariamente a quanto si pensava finora,
vi sono evidenze della presenza stanziale di popolazioni gaeliche nel territorio umbro, quindi molto al
disotto della Pianura Padana. A cura di Andrea Scatolini.
Questi, ed altri campi di indagine stimolanti, possono trovarsi nella rivista elettronica Misteri. Ben curata, riporta saggi ed articoli relativi a tutto ciò che la scienza ufficiale non riesce tuttora ad interpretare validamente. Il fatto che gli ambienti accademici si rifiutino di percorrere certe piste, oltre ad essere poco razionale, costituisce un serio ostacolo alla corretta interpretazione di talune vestigia: Se da un lato gli studiosi del mondo antico dimostrassero maggiore ampiezza di vedute, e contemporaneamente gli assertori delle teorie alternative accettassero il confronto senza sfociare nel conflitto ideologico, probabilmente la soluzione di molti di quei "misteri" sarebbe a portata di mano.
Una delle sfide più accese della storia, a livello ideologico, è quella che riguarda l'organo di controllo sui fenomeni parapsicologici e la sua controparte, ciascuna delle due parti accusando l'altra di scarso acume ed eccessiva ristrettezza di vedute. L'invito è a visionare i rispettivi manifesti programmatici, indi valutare quale delle due fazioni difetta di obiettività nel sostenere la propria posizione; se cioè sia il CICAP a sottovalutare le potenzialità del piano esistenziale spirituale, o piuttosto gli sperimentatori ad attribuirgli eccessiva importanza.
Torna all'inizio | Menù | Pagina Principale |